Dazi USA sulla birra: birrifici europei a rischio chiusura

Misura protezionistica del 25% minaccia l’export di 870 milioni di euro
L’introduzione dei nuovi dazi sulle importazioni di birra negli Stati Uniti, parte del pacchetto denominato “giorno della liberazione” voluto dal Presidente Donald Trump, rischia di mettere in ginocchio numerosi produttori europei e di infliggere un duro colpo finanziario agli importatori americani.

Il Dipartimento del Commercio statunitense ha recentemente aggiunto le “birre” e le “lattine di alluminio vuote” all’elenco dei prodotti soggetti a un dazio del 25%, una percentuale superiore al 20% che si applicherà generalmente alle merci importate dall’Unione Europea.
“Non è chiaro se il nuovo dazio si applichi a tutta la birra o solo ai prodotti importati in lattina,” ha dichiarato Julia Leferman, segretaria generale di Brewers of Europe, l’associazione che rappresenta i maggiori produttori europei tra cui AB InBev, Heineken, Molson Coors, Carlsberg e Asahi in 28 paesi.
Impatto economico rilevante
Le esportazioni europee di birra verso gli Stati Uniti hanno superato 1,1 miliardi di euro lo scorso anno, con Guinness e Heineken tra i più venduti. Circa un quinto di questo commercio, in valore, viene spedito in lattine. Un flusso commerciale che ora rischia di essere drasticamente ridotto. Secondo le prime stime degli analisti di settore, l’aumento dei costi potrebbe tradursi in un incremento dei prezzi al dettaglio tra il 15% e il 20%, rendendo i prodotti europei meno competitivi rispetto alle alternative locali.
La Commissione Europea stima che le sue ampie nuove tariffe — inclusa una tassa generale del 20 percento e dazi separati del 25 percento su auto, acciaio e alluminio — influenzeranno fino al 70 percento di tutte le esportazioni dell’UE verso gli Stati Uniti, per un valore di circa 380 miliardi di euro.
Confusione sulla classificazione
La decisione ha sollevato perplessità nel settore, poiché non è chiaro perché la birra sia stata classificata come “prodotto derivato dall’alluminio”. La formulazione dell’emendamento ha lasciato diverse questioni irrisolte, in particolare se nel campo di applicazione del dazio sia inclusa solo la birra in lattina o anche quella in bottiglia o fusto.
Mentre cresceva la confusione, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha chiarito che la tariffa non è destinata ad applicarsi alla birra stessa.
“Le tariffe sulla birra importata (20%) si applicano solo al valore del contenuto di alluminio della lattina di birra, e non alla birra stessa,” ha detto Jeffrey Kessler, sottosegretario presso l’Ufficio dell’Industria e della Sicurezza del Dipartimento del Commercio” Le importazioni di lattine vuote di alluminio saranno tassate (25%) per il loro valore totale.”
Strategia protezionistica
Ciò che appare più che evidente è la volontà dell’amministrazione Trump di rendere più difficile per la concorrenza straniera l’accesso al mercato americano, in linea con la politica “America First” che ha caratterizzato anche il suo primo mandato.
Questa mossa potrebbe innescare contromisure da parte dell’Unione Europea, con il rischio di una nuova guerra commerciale transatlantica proprio mentre l’economia globale cerca di stabilizzarsi dopo anni di tensioni.
La Commissione Europea ha già fatto sapere che sta valutando la compatibilità di queste misure con le regole del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e non esclude azioni di ritorsione mirate su prodotti americani.
I piccoli e medi produttori europei, che hanno meno margini di manovra rispetto ai grandi gruppi, temono che questa situazione possa portare alla chiusura di numerosi birrifici, con conseguenti perdite di posti di lavoro nel settore.
Pubblicato da Dammiunabirra.it
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