Founders Brewing: una storia di successo
Quella della Founders Brewing è la storia di uno dei migliori birrifici degli USA e ha tutte le caratteristiche delle classiche avventure americane, nelle quali si parte dal nulla o da un garage e si arriva, dopo varie peripezie, al grande successo.
Founders Brewing deve la sua nascita all’incontro di due amici: Mike Stevens e Dave Engbers.
Così inizia l’avventura nella quale, all’inizio degli anni ’90, due studenti si incontrano a una festa delle matricole dell’Università di Hope College di Holland, Michigan, e si frequentano nella stessa confraternita scolastica.
Mike Stevens, entusiasta homebrewer, coinvolge Dave Engsberg a condividere la sua passione per la birra.
Da quell’attività di appassionati homebrewers scatta la fatidica scintilla che li porterà, nel 1996, ad acquistare un piccolo birrificio in difficoltà: il John Panell Brewing, al quale cambieranno il nome in Canal Street Brewing.
In quegli anni il fenomeno dei birrifici craft americani era già in corso e nel Michigan, in particolare, erano molto numerosi.
Ma questa forte competizione non scoraggia i due amici e nel giro di un anno aggiungono al birrificio una Tap Room, a Grand Rapids in Monroe Street dove danno vita a una nuova società, la Founders Brewing.
Le prime bottiglie di birra prodotte in Canal Street riportano in etichetta la scritta Founders, inteso non come “fondatori”, ma come a un nuovo modo di intendere la birra.
Founders nel 1997 inizia la nuova fase che vede Mike e Dave impegnatissimi giorno e notte al punto che il birrificio diventerà la loro “casa” per diversi mesi.
Nonostante il loro impegno, gli affari non andavano bene e la Founders rischiò di chiudere, come tanti altri birrifici, a causa della crescita esponenziale dei birrifici craft e della stagnazione dei consumi.
Fu proprio in quel periodo di crisi che scattò la scintilla che portò la Founders all’attuale successo.
Nel 1999, mentre il birrificio era sull’orlo del fallimento, Mike e Dave decisero che prima di chiudere i battenti avrebbero cambiato la loro produzione passando da birre che andavano incontro al gusto dei clienti a birre estreme, quelle che definirono “per pochi eletti”.
Fu una scelta coraggiosa, difficile e soprattutto non si poteva prevederne le conseguenze.
Come a volte succede nella vita, quando tutto sembra perduto, avviene il miracolo.
Le loro birre estreme, diverse da quelle che circolavano nei vari locali, risvegliarono l’interesse dei clienti e grazie al passaparola frotte di appassionati iniziarono a riempire la Tap Room.
La prima birra, quella della nuova fase, si chiamava Bolt Cutter, una Barley Wine il cui nome significa “cesoia” ed è legato al fatto che nei momenti più difficili del birrificio Dave teneva sempre, a portata di mano, una cesoia da utilizzare nel caso il proprietario dei muri chiudessero le porte del locale con una catena.
Si racconta anche che per superare la crisi finanziaria Mike e Dave furono costretti a vendere alcune delle attrezzature del birrificio, fra cui quella per filtrare la birra e che da quel momenti diventarono pionieri delle unfiltered beer.
Ma che la scelta di produrre birre non filtrate fosse voluta o casuale, non cambia la storia della Founders, che da qual momento inizia un percorso di successo che li porterà ad essere considerati fra i dieci migliori birrifici americani.
Tante sono le birre che segnano le tappe di questo percorso.
La Dirty Bastard fu la prima birra estrema il cui successo aprì la strada alla nuova produzione, la Breakfast Stout, una coffee beer nata dalla collaborazione con una torrefazione locale, la Centennial IPA e tante altre ancora, frutto di una costante ricerca di birre distintive e di carattere.
Un’altra svolta importante del birrificio fu l’arrivo, nel 2002, di un nuovo brewmaster, Jeremy Kosmicki, che introdusse e sviluppò un metodo innovativo poco conosciuto negli USA, l’invecchiamento della birra in botte.
La prima barrel aged fu la KBS alla spina, invecchiata in botti che avevano contenuto Bourbon.
Un metodo, quello delle “barrel aged”, che nel mondo birraio americano era in fase embrionale e che Founders sviluppò al punto che il magazzino del birrificio si rivelò insufficiente e fu necessario utilizzare i cunicoli di una vecchia miniera abbandonata per maturare le birre.
La miniera si trova a una trentina di metri di profondità sotto la città e può contenere fino a 3.500 barili.
Nel 2007, dato il crescente successo e per far fronte alle richieste, il birrificio venne trasferito, sempre a Gran Rapids, nell’attuale sede di Grandville Ave SW dove venne inaugurato nel novembre dello stesso anno.
Dieci anni dopo, nel 2017, per festeggiare il 20° Anniversario, Founders ha aperto una seconda Tap Room a Detroit.
Nel 2014 la Founders iniziò una partnership con il gruppo spagnolo Mahou-San Miguel, che rilevò il 30% delle quote e da quel momento, per una regola dettata dall’American Brewers, il birrificio, pur continuando la sua produzione di birre multi premiate ai concorsi organizzati dalla stessa associazione, non può definirle craft.
Ma il successo delle birre Founder è derivato dalla qualità, dal giudizio degli appassionati, da chi le beve, non dalla definizione craft, che negli Stati Uniti riguarda anche molti birrifici che producono milioni di ettolitri.
La sua gamma di birre spazia dalle IPA, alle Cofee Beer, alle Sour, alle Porter, alle Barrel Aged.
Negli ultimi anni il birrificio ha iniziato a produrre una gamma di Hard Selzter a base Agave e agrumi e frutta che negli U.S.A stanno avendo un successo incredibile e che riscuotono grande interesse anche nel nostro paese.
Il successo del birrificio, del quale nel frattempo la Mahou-San Miguel ha acquisito la maggioranza delle quote e che continua la sua attività con i soci Mike e Dave al comando della produzione, negli ultimi 10 anni, non solo si è allargato dal Michigan agli altri Stati dell’Unione ma è uscito dai confini degli USA per raggiungere molti paesi nel Mondo, fra i quali l’Italia dove le birre Founders arrivano tramite la Brewrise.
pubblicato by dammiunabirra.it