IGA: la birra incontra l’uva
L’avvento dei microbirrifici artigianali ha portato nel mondo birrario una grande voglia di sperimentazione, che si è concretizzata nella produzione di nuove tipologie di birre e alla riscoperta di stili di nicchia poco conosciuti.
In un Paese di grande tradizione vinicola come il nostro, era inevitabile che i due mondi, prima o poi, si incontrassero e da questo incontro sono nate le birre IGA, Italian Grape Ale.
Sono birre che vengono prodotte utilizzando il metodo e le materie prime tradizionali per la fabbricazione della birra, con l’ aggiunta di uva o mosto oppure utilizzando la sapa, uno sciroppo d’uva.
Questo connubio con il mondo della vite, è stato favorito anche dalla volontà dei birrai produrre birre legate al territorio.
Il risultato finale dell’uso dell’uva o del mosto è di fatto legato ai vari vitigni locali, che caratterizzano il gusto, gli aromi e i profumi delle birre IGA.
Pioniere della produzione delle birre IGA è Nicola Perra del Birrificio sardo Barley, situato nell’entroterra di Cagliari.
Una Imperial Stout sarda brassata con uve Cannonau.
Le sua prima produzione, avvenuta nel 2006, ha visto il luppolo e l’orzo incontrare la sapa di uve Cannonau per brassare una Imperial Stout e del mosto di uve Malvasia per la produzione di una Strong.
Il successo incontrato dalle IGA sarde di Nicola Perra ha dato l’avvio a una produzione che nel corso degli anni si è allargata a tutte le regioni italiane con l’impiego di vitigni che spaziano dalla Barbera, al Marzemino , al Pinot, al Garganega, al Chianti, al Verdicchio e molti altri.
Sono attualmente più di cento le IGA prodotte nel nostro Paese e quindi quasi altrettanti i vitigni coinvolti.
La nascita delle IGA è avvenuta anche in altri paesi di tradizione vinicola ma la qualità delle birre di casa nostra, ottenute con l’uso di materie prime locali, si affermata anche a livello internazionale.
L’IGA made in Italy riconosciuta dal Beer Judge Certification Program.
Il Beer Judge Certification Program (BJCP), che viene riconosciuta a livello internazionale come la guida più prestigiosa che cataloga gli stili birrai, ha inserito, dal 2016, le birre prodotte con l’impiego da derivati dall’uva come IGA ovvero Italian Grape Ale, riconoscendo così il grande apporto dei birrai italiani al successo di questa tipologia.
Descrivere le caratteristiche delle IGA non è facile, non vi sono regole per l’utilizzo degli ingredienti ne metodi precisi e codificati di produzione salvo quelli indicati dal BJCP.
L’unico punto comune è il fatto che sono prodotte in alta fermentazione.
Le materie prime, oltre a quelle tradizionali per la produzione della birra, spaziano dall’acino d’uva, alla vinaccia, al mosto muto (un mosto bloccato per impedire la fermentazione) a quello cotto o al fermentato.
Il tutto con ricette che possono arrivare a percentuali di utilizzo dei derivati dell’uva al 40% e oltre.
Questi ingredienti, il mosto o altro, possono essere inseriti nella fase di bollitura o in quella di fermentazione o infine in quella di maturazione e affinamento.
Tutte variabili, sia in termini di materie prime che in termini di lavorazione, che influiscono notevolmente sul prodotto finito.
L’uso dell’uva va bene, però deve prevalere la birra.
Nella produzione delle birre IGA l’equilibrio è il punto focale, si deve sentire la presenza dell’uva ma senza stravolgere le caratteristiche birrarie.
Questa fusione fra malto e luppolo con l’uva, o i suoi derivati, porta le IGA a esprimere degli aromi ricchi e complessi, sentori ben presenti di fruttato, spesso con un finale secco, acidulo.
Il colore delle IGA spazia dal dorato al rubino intenso, la schiuma è generalmente fine e vivace, la gradazione alcolica spazia dai 4° ai 10° % vol.
L’assaggio di una IGA è una esperienza che non può mancare a un appassionato di birra.
Pur essendo un prodotto di nicchia le birre IGA rappresentano ancora una novità ma si possono, abbastanza facilmente, reperire nei beer shop sparsi per l’Italia e in numerosi pub.
pubblicato by dammiunabirra.it
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